Cienfuegos
Una notte a Cienfuegos, la città dedicata a un eroe della rivoluzione, “el hombre de la vanguardia”, che qualcuno dice sia stato fatto fuori dallo stesso Fidel. La città dove è in costruzione l’unica centrale nucleare di Cuba, per fortuna non ancora in funzione.
Passo le ore del pomeriggio a girare per il lungomare, guardando i resti di quelli che furono i casinò gestiti dalla mafia di Lucky Luciano, durante la dittatura di Batista. E sperimento la prima discriminazione a mio danno dell’aprtheid cubano. Vorrei prendere un risciò ma nessuno mi carica. “Tu non puoi, sei turista, devi prendere il taxi”. Con un caldo porco dovrei chiudermi in una scatoletta perché non sono nato a Cuba? Col cazzo. Mi tengo il sole che mi picchia sulla testa, maledico Fidel una volta in più, e mi faccio il lungomare a piedi.
Il regime dice che a Cuba non c’è la prostituzione, al massimo ci sono le jineteras. Vorrei sapere allora come devo considerare quella bambina, probabilmente non arriva a quindici anni, che mentre passeggio mi chiede se può essere la mia chica. Le dico che è un po’ troppo giovane e che non mi piacciono le donne a pagamento. Per tutta risposta si avvicina al mio orecchio e comincia a mormorare “Diez… diez…”, dove diez sta per dieci e la parola sottointesa che manca è dollari. Per non inquadrare la vicenda da moralista bacchettone, quale (vedi sopra) non mi pare di essere, occorre aggiungere che a Cuba è normale avere rapporti sessuali a 14-15 anni. Mi chiedo se lo sia altrettanto venderli agli stranieri per dieci dollari.
La sera sono seduto su una panchina, nel corso principale. Arriva un tizio piuttosto grosso.
_“Hey amico posso parlare un po’ con te?” “Prego” . E mi attacca una pezza di almeno un ora sul fatto che lui è un pugile della nazionale cubana, che è stato anche in Italia, che si sta preparando per Sydney. Poi mi dice che con gli italiani non picchia duro ma con gli americani sì. Ecco, se ancora potevo avere qualche dubbio, da questa frase mi risulta inequivocabile che si tratta di un contapalle.
Arriviamo a una discoteca all’aperto.
_“Hey amigo, se qualcuno ti infastidisce dillo a me che sono pugile, lo smarrisco io.” Grazie, ma non c’è bisogno.
_“Hey amigo, mi offri una birra?” Volentieri. “Hey amigo, mi offri un’altra birra?” Volentierino.
“Hey amigo mi offri una bottglia d’acqua, se mi dai un dollaro vado a comprarla alla baracchina e torno subito” Certo, come no? Ovviamente non lo rivedo più. Me la sorrido sotto i baffi, così e Cuba.
Cosa avreste fatto voi a questo punto? Sareste andati a nanna? Siete persone sagge. Io invece ho ereditato i geni di un mio antico progenitore, tal Lucignolo, che mi obbligano a perseverare negli errori. Non è certo colpa mia.
Mi aggrego a un gruppetto di cinque tra ragazzi e ragazze, che mi invitano ad andare in discoteca con loro.
_“Hey amigo, le ragazze non hanno abbastanza soldi per l’ingresso, ci presti un paio di dollari?”
A questo punto parlo solo italiano, però molto chiaro e scandito.
_“Allora. Io sono qui da neanche una settimana e tutti mi chiedono soldi. Io non lavoro per mantenere qualche migliaio di cubani. Quindi facciamo così: andiamo in discoteca , quando siamo là io vi integro il biglietto con un paio di dollari, poi voi non mi chiedete più nulla per tutta la serata, ok?”
Ok. In discoteca non ci fanno entrare perché una delle ragazze non ha i documenti e sembra un po’ troppo giovane ai gestori.
Finiamo in una birreria statale che sta aperta fino a tardi. La birra costa pochissimo e, per la prima volta da quando sono arrivato, saranno loro ad offrire a me il primo giro. Si crea una bella atmosfera. I ragazzi sono simpatici. Parliamo. Io gli racconto le mie avventure da quando sono arrivato. Loro ridono, capiscono il mio punto di vista. E mi raccontano il loro.
Mi dicono che vengono da Santa Clara, che sono a Cienfuegos perché c’è un po’ più di vita, che gli piace fare casino. Sembra il trionfo della banalità. Piccolo particolare: siamo a Cuba. E, anche se le distanze più o meno sono simili, non è come un gruppo di ragazzi che da Modena va a passare la serata a Bologna. O che da Lodi fa un salto a Milano per una vasca in Galleria. Perché nessuno di questi miei nuovi amici possiede un auto propria. E le loro famiglie neppure. Quindi i trasporti sono legati a passaggi occasionali o al mezzo pubblico. Andare in un'altra città a passare la serata, vuol dire come minimo passarci anche la nottata. A questo si aggiunga che a Cuba non è normale essere residenti in una città e trovarsi in un’ altra senza un valido motivo. Perché i vagabondi sono gente che solitamente vive di espedienti. E se sei una ragazza carina e ti trovi in una città di mare che non è la tua, beh, l’espediente è facilmente intuibile. Quindi la gente non ti guarda proprio benissimo.
Parla Miguel: _“Io lavoro in una ditta statale che inscatola le porzioni di carne distribuite con la Librèta” (che vuol dire a prezzo politico). “ Il mio salario mensile, tradotto in dollari, equivale a circa 8. Un paio di pantaloni comprato in negozio ne costa 20. Come faccio a sopravvivere secondo te? E’ semplice: rubo. Tutti rubano nella mia fabbrica. Rubiamo sul peso delle porzioni di carne e poi ce la vendiamo al mercato nero. Nessuno riceve la quantità di carne che sarebbe prevista. Se la pesi ti accorgi che è sempre meno. E funziona così con tutto.”
_“Dai, vieni con noi a Santa Clara, sei nostro ospite, ti facciamo vedere la Cuba reale.”
Lì per lì la cosa mi sembra appetibile. Ci si sta bene coi ragazzi, sembrano sinceri. Ci si parla bene. E poi c’è quella Claudìa che è simpatica, molto carina… e tutta la serata è così leggera… e tutti i giri di birra che abbiamo fatto.. e …oddio, ci stiamo già baciando.
Bene. Mi chiama già tesoro, amor. Vuole che vada a casa sua, o meglio, di sua zia, dove è ospite. Ma quando anche la birreria chiude la nostra nottata prosegue, con tutto il gruppo. Giriamo, bighelloniamo, parliamo, torniamo nella discoteca all’aperto dove avevo incontrato il pugile. Finisce che sorge anche il sole. E così ci troviamo io e lei, mano nella mano, in una città che si sta popolando di gente che va a lavorare. O al mercato. E forse io sono troppo bianco. O forse è il suo vestito che è troppo appariscente. Fatto sta che mi sembra di girare con un insegna al neon addosso. Ci guardano tutti. E già qui la catena mi scende un po’.
Poi arriviamo a casa sua. O meglio di sua zia. E ci apre sua zia. “Tranquillo, mia zia e mio zio devono andare a lavorare. Staranno via tutto il giorno”. Mi sento una merda.
Poi apre la porta della sua stanza e dentro c’è sua figlia che sta dormendo. “Ah, hai una figlia?” “Sì, 12 anni. E’ bellissima, no?” Sì. Sono io che mi faccio schifo.
A questo punto la bimba si alza, esce dalla camera e poi torna porgendo alla madre una manciata di profilattici.
_ “Non ti preoccupare, mia figlia va di là in sala a fare i compiti. Non sente niente.”
Ah-bè-allora-se-non-sente-niente…
_“Senti, non te la prendere, io ho cambiato idea. Vado a casa a dormire. Ci vediamo in giro, eh?”
Seguono cinque minuti di ”No, ma perché?” “Cosa c’è che non va?”
_”No senti, non c’è niente che non va. E’ che bisogna essere in due no? Ecco, a me m’è scesa. Non ne ho più voglia.”
“Ecco adesso vai con un'altra..” “Tanto tu puoi avere tutte quelle che vuoi…”
“Tranquilla, vado solo a dormire”.
“Va bè, lasciami almeno 5 dollari per mia figlia” Ti pareva.. eccoli.
“ Se ti vedo con un'altra te mato.” Sì sì.
Esco e in strada c’è una manifestazione di regime coi bambini che recitano poesie.
Ho la nausea. Arrivo a casa, faccio su la mia roba e dico al padrone di casa che parto immediatamente.
_“Ma aveva detto che si sarebbe trattenuto un altro giorno”. Ho cambiato idea
(continua)
Una notte a Cienfuegos, la città dedicata a un eroe della rivoluzione, “el hombre de la vanguardia”, che qualcuno dice sia stato fatto fuori dallo stesso Fidel. La città dove è in costruzione l’unica centrale nucleare di Cuba, per fortuna non ancora in funzione.
Passo le ore del pomeriggio a girare per il lungomare, guardando i resti di quelli che furono i casinò gestiti dalla mafia di Lucky Luciano, durante la dittatura di Batista. E sperimento la prima discriminazione a mio danno dell’aprtheid cubano. Vorrei prendere un risciò ma nessuno mi carica. “Tu non puoi, sei turista, devi prendere il taxi”. Con un caldo porco dovrei chiudermi in una scatoletta perché non sono nato a Cuba? Col cazzo. Mi tengo il sole che mi picchia sulla testa, maledico Fidel una volta in più, e mi faccio il lungomare a piedi.
Il regime dice che a Cuba non c’è la prostituzione, al massimo ci sono le jineteras. Vorrei sapere allora come devo considerare quella bambina, probabilmente non arriva a quindici anni, che mentre passeggio mi chiede se può essere la mia chica. Le dico che è un po’ troppo giovane e che non mi piacciono le donne a pagamento. Per tutta risposta si avvicina al mio orecchio e comincia a mormorare “Diez… diez…”, dove diez sta per dieci e la parola sottointesa che manca è dollari. Per non inquadrare la vicenda da moralista bacchettone, quale (vedi sopra) non mi pare di essere, occorre aggiungere che a Cuba è normale avere rapporti sessuali a 14-15 anni. Mi chiedo se lo sia altrettanto venderli agli stranieri per dieci dollari.
La sera sono seduto su una panchina, nel corso principale. Arriva un tizio piuttosto grosso.
_“Hey amico posso parlare un po’ con te?” “Prego” . E mi attacca una pezza di almeno un ora sul fatto che lui è un pugile della nazionale cubana, che è stato anche in Italia, che si sta preparando per Sydney. Poi mi dice che con gli italiani non picchia duro ma con gli americani sì. Ecco, se ancora potevo avere qualche dubbio, da questa frase mi risulta inequivocabile che si tratta di un contapalle.
Arriviamo a una discoteca all’aperto.
_“Hey amigo, se qualcuno ti infastidisce dillo a me che sono pugile, lo smarrisco io.” Grazie, ma non c’è bisogno.
_“Hey amigo, mi offri una birra?” Volentieri. “Hey amigo, mi offri un’altra birra?” Volentierino.
“Hey amigo mi offri una bottglia d’acqua, se mi dai un dollaro vado a comprarla alla baracchina e torno subito” Certo, come no? Ovviamente non lo rivedo più. Me la sorrido sotto i baffi, così e Cuba.
Cosa avreste fatto voi a questo punto? Sareste andati a nanna? Siete persone sagge. Io invece ho ereditato i geni di un mio antico progenitore, tal Lucignolo, che mi obbligano a perseverare negli errori. Non è certo colpa mia.
Mi aggrego a un gruppetto di cinque tra ragazzi e ragazze, che mi invitano ad andare in discoteca con loro.
_“Hey amigo, le ragazze non hanno abbastanza soldi per l’ingresso, ci presti un paio di dollari?”
A questo punto parlo solo italiano, però molto chiaro e scandito.
_“Allora. Io sono qui da neanche una settimana e tutti mi chiedono soldi. Io non lavoro per mantenere qualche migliaio di cubani. Quindi facciamo così: andiamo in discoteca , quando siamo là io vi integro il biglietto con un paio di dollari, poi voi non mi chiedete più nulla per tutta la serata, ok?”
Ok. In discoteca non ci fanno entrare perché una delle ragazze non ha i documenti e sembra un po’ troppo giovane ai gestori.
Finiamo in una birreria statale che sta aperta fino a tardi. La birra costa pochissimo e, per la prima volta da quando sono arrivato, saranno loro ad offrire a me il primo giro. Si crea una bella atmosfera. I ragazzi sono simpatici. Parliamo. Io gli racconto le mie avventure da quando sono arrivato. Loro ridono, capiscono il mio punto di vista. E mi raccontano il loro.
Mi dicono che vengono da Santa Clara, che sono a Cienfuegos perché c’è un po’ più di vita, che gli piace fare casino. Sembra il trionfo della banalità. Piccolo particolare: siamo a Cuba. E, anche se le distanze più o meno sono simili, non è come un gruppo di ragazzi che da Modena va a passare la serata a Bologna. O che da Lodi fa un salto a Milano per una vasca in Galleria. Perché nessuno di questi miei nuovi amici possiede un auto propria. E le loro famiglie neppure. Quindi i trasporti sono legati a passaggi occasionali o al mezzo pubblico. Andare in un'altra città a passare la serata, vuol dire come minimo passarci anche la nottata. A questo si aggiunga che a Cuba non è normale essere residenti in una città e trovarsi in un’ altra senza un valido motivo. Perché i vagabondi sono gente che solitamente vive di espedienti. E se sei una ragazza carina e ti trovi in una città di mare che non è la tua, beh, l’espediente è facilmente intuibile. Quindi la gente non ti guarda proprio benissimo.
Parla Miguel: _“Io lavoro in una ditta statale che inscatola le porzioni di carne distribuite con la Librèta” (che vuol dire a prezzo politico). “ Il mio salario mensile, tradotto in dollari, equivale a circa 8. Un paio di pantaloni comprato in negozio ne costa 20. Come faccio a sopravvivere secondo te? E’ semplice: rubo. Tutti rubano nella mia fabbrica. Rubiamo sul peso delle porzioni di carne e poi ce la vendiamo al mercato nero. Nessuno riceve la quantità di carne che sarebbe prevista. Se la pesi ti accorgi che è sempre meno. E funziona così con tutto.”
_“Dai, vieni con noi a Santa Clara, sei nostro ospite, ti facciamo vedere la Cuba reale.”
Lì per lì la cosa mi sembra appetibile. Ci si sta bene coi ragazzi, sembrano sinceri. Ci si parla bene. E poi c’è quella Claudìa che è simpatica, molto carina… e tutta la serata è così leggera… e tutti i giri di birra che abbiamo fatto.. e …oddio, ci stiamo già baciando.
Bene. Mi chiama già tesoro, amor. Vuole che vada a casa sua, o meglio, di sua zia, dove è ospite. Ma quando anche la birreria chiude la nostra nottata prosegue, con tutto il gruppo. Giriamo, bighelloniamo, parliamo, torniamo nella discoteca all’aperto dove avevo incontrato il pugile. Finisce che sorge anche il sole. E così ci troviamo io e lei, mano nella mano, in una città che si sta popolando di gente che va a lavorare. O al mercato. E forse io sono troppo bianco. O forse è il suo vestito che è troppo appariscente. Fatto sta che mi sembra di girare con un insegna al neon addosso. Ci guardano tutti. E già qui la catena mi scende un po’.
Poi arriviamo a casa sua. O meglio di sua zia. E ci apre sua zia. “Tranquillo, mia zia e mio zio devono andare a lavorare. Staranno via tutto il giorno”. Mi sento una merda.
Poi apre la porta della sua stanza e dentro c’è sua figlia che sta dormendo. “Ah, hai una figlia?” “Sì, 12 anni. E’ bellissima, no?” Sì. Sono io che mi faccio schifo.
A questo punto la bimba si alza, esce dalla camera e poi torna porgendo alla madre una manciata di profilattici.
_ “Non ti preoccupare, mia figlia va di là in sala a fare i compiti. Non sente niente.”
Ah-bè-allora-se-non-sente-niente…
_“Senti, non te la prendere, io ho cambiato idea. Vado a casa a dormire. Ci vediamo in giro, eh?”
Seguono cinque minuti di ”No, ma perché?” “Cosa c’è che non va?”
_”No senti, non c’è niente che non va. E’ che bisogna essere in due no? Ecco, a me m’è scesa. Non ne ho più voglia.”
“Ecco adesso vai con un'altra..” “Tanto tu puoi avere tutte quelle che vuoi…”
“Tranquilla, vado solo a dormire”.
“Va bè, lasciami almeno 5 dollari per mia figlia” Ti pareva.. eccoli.
“ Se ti vedo con un'altra te mato.” Sì sì.
Esco e in strada c’è una manifestazione di regime coi bambini che recitano poesie.
Ho la nausea. Arrivo a casa, faccio su la mia roba e dico al padrone di casa che parto immediatamente.
_“Ma aveva detto che si sarebbe trattenuto un altro giorno”. Ho cambiato idea
(continua)