Jacqueline
tu no tienes la culpa
mi amor
que el mundo sea tan feo
La storia più banale che può capitare a Cuba, ma con qualche imprevisto.
Jacqueline è una jinetera. Ovviamente se glielo dici si offende. Ovviamente la incontro una sera al solito Paraiso. Ovviamente si fa avanti lei. Balliamo un po’, poi ci sediamo a parlare. E’ una mulatta carina, non bellissima. Con una forma del viso particolare, tendente al triangolare, che può piacere o meno. Mi racconta le solite balle: che lei non è di Baracoa, che viene da Moa e che è lì in vacanza, ospite di una zia.
Moa è una cittadina a qualche decina di chilometri da Baracoa, famosa per lo scempio ambientale causato dalle miniere e dalle fonderie di nichel
Mi dice che studia medicina all’università, che è al primo anno anticipato (ha 17 anni). Poi si profonde in un lungo elenco di malattie infettive sessualmente trasmissibili, comprese le precauzioni, i sintomi e i tempi di guarigione. La cosa è persino rassicurante. Senonchè alla fine se ne esce con questa frase: “ le malattie infettive sono quasi tutte sessualmente trasmissibili, tranne poche eccezioni. Per esempio l’AIDS.” Ci rimango di sasso. La guardo basito e faccio “Eh?” – “Ma sei matta? Ma cosa dici? Se c’è una malattia sessualmente trasmissibile è proprio l’AIDS. Lo sanno tutti.” Lei sorride e fa “E va bè.. mi sarò sbagliata, non sono mica un computer…”.
Però è quando la serata finisce che mi fa la fatidica domanda
_”Posso venire a casa con te?”
_“Eeeehhh…mahhh...va bene…”
Perché ho risposto sì? Per tanti motivi, credo: 1. adesso dormo nella stanza con ingresso indipendente che era di Benjamin - 2. comincio a capire di essere in un altro mondo, dove valgono regole diverse - 3. L’offerta è troppa, funziona come la pubblicità: si finisce per capitolare – 4. Sono stanco di essere considerato snob e antipatico perché rifiuto le donne locali - 5. Cosa c’è di male? Sono un moralista io?
(le trovate motivazioni di comodo? credo che abbiate ragione - ma prima di giudicare, almeno fate un salto a Cuba)
Veniamo alla seconda domanda: perché con tutte quelle che ci sono, proprio lei? Sicuramente perché è gradevole, simpatica. Al di là delle molte balle che racconta, ci si parla bene. Mi sembra meno cinica delle altre. Ma il pregio principale è un altro: non è invadente. E non chiede niente. In un posto in cui qualsiasi ragazza si sente in diritto di esigere da te consumazioni a oltranza, in quanto maschio straniero, fa la sua differenza.
Arriviamo a casa. Al locale non mi ero accorto che avesse un fisico così ben fatto. Bene. La storia dovrebbe finire qui. Una notte di sesso e amen. Al massimo con qualche replica le sere successive.
Invece a questo punto cominciano gli imprevisti.
Non abbiamo ancora finito di scopare che qualcuno comincia a bussare insistentemente alla porta. Apro lo spioncino. Sono due ragazzi di colore, maschio e femmina. Lei dice che è un’amica di Jacqueline e che le vuole parlare. Jacqueline si vede che è impaurita. Mi dice sottovoce che non quella non è una sua amica. E poi va a parlarle, sempre da dietro la porta chiusa. Non capisco quello che si dicono ma dopo il dialogo vedo la mia partner occasionale che scappa nel corridoio mentre gli altri due continuano a picchiare alla porta.
A questo punto comincio a insultarli. In italiano, perché quando sei incazzato viene fuori sempre la tua lingua madre. Poi corro a vedere dov’è finita Jacqueline.
La trovo in cucina con un coltello in mano. Di quelli arrotondati e veramente poco offensivi, per la verità.
_ “Che cazzo fai?”
_”Vogliono entrare.. vogliono entrare per rubarti tutto… spaccheranno la porta. Sbattimi fuori ma lasciami il coltello”
_”Ma non dire cazzate” – le prendo l’arnese, la riporto in camera – ed effettivamente i due disgraziati sono ancora lì che picchiano alla porta. Mi affaccio dallo spioncino e dico che sto chiamando la polizia. Pensavo che questo li avrebbe fatti scappare a gambe levate. E invece niente. Continuano a bussare e a dire che vogliono parlare con Jacqueline.
A questo punto comincio a preoccuparmi, anche perché la cosa va avanti per una mezz’ora buona. E decido – extrema ratio - di andare a svegliare i padroni di casa, che non so com’è, con tutto quel casino stanno ancora dormendo.
Vado alla porta della loro camera. Busso. Non rispondono.
Apro la porta, metto dentro il naso. Non c’è nessuno. Andiamo bene. Proprio stasera.
Il telefono in casa non c’è, e quindi non posso chiamare la polizia neanche volendo.
Torno in camera, Jacqueline è rannicchiata in un cantuccio, e quelli fuori sempre lì che tirano pugni allo stipite e urlano. Gli rispondo gridando le più brutte cose che mi capitano in mente, indifferentemnte in spagnolo e italiano. Per un momento viene da pensare anche a me che la porta, molto sottile, potrebbe anche cedere.
A quel punto si accende la luce nel corridoio. Sono i padroni di casa, che stranamente quella sera dormivano in un'altra stanza e finalmente hanno sentito il bailamme. Spiego brevemente la situazione. Loro aprono tranquillamente la porta.
_ “Que pasa?"
I due bastardi dicono che in casa c’è una ragazza loro amica insieme all’ospite italiano e che vogliono parlarle.
Allora i miei affittacamera si rivolgono a Jacqueline e le dicono che se vuole dormire in casa deve fornire i documenti. Lei naturalmente non li ha. La sbattono fuori in un istante.
Provo a spiegar loro che la ragazza aveva paura dei due e potrebbe essere in pericolo. Niente da fare. Loro sono cubani e hanno capito tutto.
_ “Questi sono ladri che agiscono in combutta e ti volevano rubare tutto. Non uscire assolutamente in strada e vai a dormire”.
Chiudono la porta e tornano a dormire anche loro.
Ora: il dubbio che fosse tutta una messinscena all’inizio ce l’avevo anch’io. Ma la cosa non sta in piedi: primo perché ho visto quant’era spaventata Jacqueline, che se recitava era da oscar. Secondo perché i ladri che agiscono in combutta non si comportano così. Come minimo aspettano che il pollo sia addormentato, per rubargli tutto. E infatti non hanno ricavato niente da questa pantomima. Anzi: volendo essere pignoli, Jacqueline ci ha rimesso il reggiseno, che nel trambusto è rimasto in camera mia.
E comunque se la donna con cui stavo facendo l’amore fino a un ora prima adesso magari è in pericolo, mi sembrerebbe moralmente riprovevole non andare ad aiutarla. Così uso il mio ingresso indipendente e scendo in strada. I tre sono in fondo alla calle. Discutono animatamente e si sentono le voci. Mi avvicino. Vedo che Jacqueline è scalza e quell’altra ha i suoi sandali in mano e dice: “Non so cosa farmene di questa roba, la vendo al mercato per tre pesos: io voglio cinque dollari” . Il ragazzo che sta con lei e che ha picchiato la porta della mia stanza per un ora, rovinandomi anche la serata e la scopata, viene da me tranquillamente e, faccia di bronzo, mi fa: “Sono cose tra donne, lasciamole fare”. Ovviamente si becca un vaffanculo. Se fossi un tipo un pelo meno tranquillo si beccava una papagna in faccia, e ci sarebbe stata molto meglio. Le due donne cominciano prendersi per i capelli. Le dividiamo. Però a questo punto per me i due tizi hanno passato il limite.
“Adesso mi avete veramente rotto i coglioni. Io vado alla polizia”
E lo faccio.
Capirò solo dopo che ho fatto una cazzata. Ma lì per lì sono furioso e non mi rendo conto delle conseguenze. La cosa più strana è che neanche Jacqueline si rende conto, e mi segue serenamente.
(continua)
tu no tienes la culpa
mi amor
que el mundo sea tan feo
La storia più banale che può capitare a Cuba, ma con qualche imprevisto.
Jacqueline è una jinetera. Ovviamente se glielo dici si offende. Ovviamente la incontro una sera al solito Paraiso. Ovviamente si fa avanti lei. Balliamo un po’, poi ci sediamo a parlare. E’ una mulatta carina, non bellissima. Con una forma del viso particolare, tendente al triangolare, che può piacere o meno. Mi racconta le solite balle: che lei non è di Baracoa, che viene da Moa e che è lì in vacanza, ospite di una zia.
Moa è una cittadina a qualche decina di chilometri da Baracoa, famosa per lo scempio ambientale causato dalle miniere e dalle fonderie di nichel
Mi dice che studia medicina all’università, che è al primo anno anticipato (ha 17 anni). Poi si profonde in un lungo elenco di malattie infettive sessualmente trasmissibili, comprese le precauzioni, i sintomi e i tempi di guarigione. La cosa è persino rassicurante. Senonchè alla fine se ne esce con questa frase: “ le malattie infettive sono quasi tutte sessualmente trasmissibili, tranne poche eccezioni. Per esempio l’AIDS.” Ci rimango di sasso. La guardo basito e faccio “Eh?” – “Ma sei matta? Ma cosa dici? Se c’è una malattia sessualmente trasmissibile è proprio l’AIDS. Lo sanno tutti.” Lei sorride e fa “E va bè.. mi sarò sbagliata, non sono mica un computer…”.
Però è quando la serata finisce che mi fa la fatidica domanda
_”Posso venire a casa con te?”
_“Eeeehhh…mahhh...va bene…”
Perché ho risposto sì? Per tanti motivi, credo: 1. adesso dormo nella stanza con ingresso indipendente che era di Benjamin - 2. comincio a capire di essere in un altro mondo, dove valgono regole diverse - 3. L’offerta è troppa, funziona come la pubblicità: si finisce per capitolare – 4. Sono stanco di essere considerato snob e antipatico perché rifiuto le donne locali - 5. Cosa c’è di male? Sono un moralista io?
(le trovate motivazioni di comodo? credo che abbiate ragione - ma prima di giudicare, almeno fate un salto a Cuba)
Veniamo alla seconda domanda: perché con tutte quelle che ci sono, proprio lei? Sicuramente perché è gradevole, simpatica. Al di là delle molte balle che racconta, ci si parla bene. Mi sembra meno cinica delle altre. Ma il pregio principale è un altro: non è invadente. E non chiede niente. In un posto in cui qualsiasi ragazza si sente in diritto di esigere da te consumazioni a oltranza, in quanto maschio straniero, fa la sua differenza.
Arriviamo a casa. Al locale non mi ero accorto che avesse un fisico così ben fatto. Bene. La storia dovrebbe finire qui. Una notte di sesso e amen. Al massimo con qualche replica le sere successive.
Invece a questo punto cominciano gli imprevisti.
Non abbiamo ancora finito di scopare che qualcuno comincia a bussare insistentemente alla porta. Apro lo spioncino. Sono due ragazzi di colore, maschio e femmina. Lei dice che è un’amica di Jacqueline e che le vuole parlare. Jacqueline si vede che è impaurita. Mi dice sottovoce che non quella non è una sua amica. E poi va a parlarle, sempre da dietro la porta chiusa. Non capisco quello che si dicono ma dopo il dialogo vedo la mia partner occasionale che scappa nel corridoio mentre gli altri due continuano a picchiare alla porta.
A questo punto comincio a insultarli. In italiano, perché quando sei incazzato viene fuori sempre la tua lingua madre. Poi corro a vedere dov’è finita Jacqueline.
La trovo in cucina con un coltello in mano. Di quelli arrotondati e veramente poco offensivi, per la verità.
_ “Che cazzo fai?”
_”Vogliono entrare.. vogliono entrare per rubarti tutto… spaccheranno la porta. Sbattimi fuori ma lasciami il coltello”
_”Ma non dire cazzate” – le prendo l’arnese, la riporto in camera – ed effettivamente i due disgraziati sono ancora lì che picchiano alla porta. Mi affaccio dallo spioncino e dico che sto chiamando la polizia. Pensavo che questo li avrebbe fatti scappare a gambe levate. E invece niente. Continuano a bussare e a dire che vogliono parlare con Jacqueline.
A questo punto comincio a preoccuparmi, anche perché la cosa va avanti per una mezz’ora buona. E decido – extrema ratio - di andare a svegliare i padroni di casa, che non so com’è, con tutto quel casino stanno ancora dormendo.
Vado alla porta della loro camera. Busso. Non rispondono.
Apro la porta, metto dentro il naso. Non c’è nessuno. Andiamo bene. Proprio stasera.
Il telefono in casa non c’è, e quindi non posso chiamare la polizia neanche volendo.
Torno in camera, Jacqueline è rannicchiata in un cantuccio, e quelli fuori sempre lì che tirano pugni allo stipite e urlano. Gli rispondo gridando le più brutte cose che mi capitano in mente, indifferentemnte in spagnolo e italiano. Per un momento viene da pensare anche a me che la porta, molto sottile, potrebbe anche cedere.
A quel punto si accende la luce nel corridoio. Sono i padroni di casa, che stranamente quella sera dormivano in un'altra stanza e finalmente hanno sentito il bailamme. Spiego brevemente la situazione. Loro aprono tranquillamente la porta.
_ “Que pasa?"
I due bastardi dicono che in casa c’è una ragazza loro amica insieme all’ospite italiano e che vogliono parlarle.
Allora i miei affittacamera si rivolgono a Jacqueline e le dicono che se vuole dormire in casa deve fornire i documenti. Lei naturalmente non li ha. La sbattono fuori in un istante.
Provo a spiegar loro che la ragazza aveva paura dei due e potrebbe essere in pericolo. Niente da fare. Loro sono cubani e hanno capito tutto.
_ “Questi sono ladri che agiscono in combutta e ti volevano rubare tutto. Non uscire assolutamente in strada e vai a dormire”.
Chiudono la porta e tornano a dormire anche loro.
Ora: il dubbio che fosse tutta una messinscena all’inizio ce l’avevo anch’io. Ma la cosa non sta in piedi: primo perché ho visto quant’era spaventata Jacqueline, che se recitava era da oscar. Secondo perché i ladri che agiscono in combutta non si comportano così. Come minimo aspettano che il pollo sia addormentato, per rubargli tutto. E infatti non hanno ricavato niente da questa pantomima. Anzi: volendo essere pignoli, Jacqueline ci ha rimesso il reggiseno, che nel trambusto è rimasto in camera mia.
E comunque se la donna con cui stavo facendo l’amore fino a un ora prima adesso magari è in pericolo, mi sembrerebbe moralmente riprovevole non andare ad aiutarla. Così uso il mio ingresso indipendente e scendo in strada. I tre sono in fondo alla calle. Discutono animatamente e si sentono le voci. Mi avvicino. Vedo che Jacqueline è scalza e quell’altra ha i suoi sandali in mano e dice: “Non so cosa farmene di questa roba, la vendo al mercato per tre pesos: io voglio cinque dollari” . Il ragazzo che sta con lei e che ha picchiato la porta della mia stanza per un ora, rovinandomi anche la serata e la scopata, viene da me tranquillamente e, faccia di bronzo, mi fa: “Sono cose tra donne, lasciamole fare”. Ovviamente si becca un vaffanculo. Se fossi un tipo un pelo meno tranquillo si beccava una papagna in faccia, e ci sarebbe stata molto meglio. Le due donne cominciano prendersi per i capelli. Le dividiamo. Però a questo punto per me i due tizi hanno passato il limite.
“Adesso mi avete veramente rotto i coglioni. Io vado alla polizia”
E lo faccio.
Capirò solo dopo che ho fatto una cazzata. Ma lì per lì sono furioso e non mi rendo conto delle conseguenze. La cosa più strana è che neanche Jacqueline si rende conto, e mi segue serenamente.
(continua)